LA TRAGEDIA DI CROTONE? LA SOLUZIONE DEL GOVERNO: BASTA NON FARLI PARTIRE!

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LA TRAGEDIA DI CROTONE? LA SOLUZIONE DEL GOVERNO: BASTA NON FARLI PARTIRE!

La vicenda del naufragio presso le coste crotonesi con vista terra per i migranti genera rabbia e fa gridare ancora una volta “BASTA!” ad una gestione irresponsabile e sciagurata del fenomeno migratorio visto in ogni sua fase: dal salvataggio in mare (ostacolato più che garantito), al sistema di accoglienza (caotico, inadeguato, securitario anch’esso), alla mancata redistribuzione dei migranti nel contesto europeo (nessun accordo su politiche per l’immigrazione che non siano di contenimento e di blocco), fino all’assenza di politiche inclusive o di cittadinanza per aiutare gli immigrati ad essere risorse attive a vantaggio loro e del nostro Paese.

E’ scandalosa la reazione alla tragedia di domenica dei rappresentanti del governo e delle forze di maggioranza che sostenevano semplicisticamente e all’unisono, due posizioni che sembrano slogan: bisogna evitare che i migranti partano dalle coste africane o turche, ed è esclusiva responsabilità degli scafisti se avvengono tragedie come quella di Crotone.

Perché vanno respinte queste posizioni ufficiali, ipocrite, demagogiche e semplicistiche?

Rispetto alla prima presa di posizione si può davvero pensare che questo fenomeno possa essere arrestato se, come è noto, è generato da cause di forza maggiore e reso forzoso da condizioni di sottosviluppo, carestie, desertificazione per motivi climatici, guerre di ogni tipo che attraversano non pochi paesi africani, del Medio Oriente e dell’Asia? Non è come cercare di fermare una perdita d’acqua con le mani?

E’ possibile bloccare un fenomeno come l’immigrazione che esiste dalle origini dell’”homo sapiens” e proprio a partire dall’Africa alcune centinaia di secoli fa? Oggi per altro appare irreversibile. Purtroppo nelle analisi si dimentica l’invadenza predatoria e razzista del colonialismo dei Paesi europei nel secolo scorso che ha spogliato di risorse umane e di ricchezze naturali intere regioni del Sud-Est del mondo e le ha congelate nel loro sottosviluppo. Di questo sembra che si è persa traccia nella memoria collettiva. Aggiungiamo pure che è quella parte del mondo che paga maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici dovuti ad una acquisizione erosiva e distruttiva, non sostenibile, delle risorse fisiche e ambientali della terra, per di più inquinata e devastata.

Circa la seconda presa di posizione, la risposta è evidente. L’analisi delle forze politiche emergenti confonde la causa con gli effetti. Non comprende o, forse meglio, non vuole comprendere, che se si chiudono le frontiere, si minaccia la chiusura dei porti, si rende difficile e non garantito il salvataggio in mare, si crea la figura del migrante clandestino, illegale, è evidente che si determinano le condizioni per cui qualcuno organizza criminalmente i viaggi della speranza e che hanno un elevato rischio di mortalità.

Possiamo portare come esempio la politica contro le droghe: se lo Stato vieta indiscriminatamente l’uso di ogni tipo di droga si assume la responsabilità del controllo repressivo (le patrie galere sono piene di consumatori e piccoli spacciatori) e in questo modo “agevola” un mercato nero delle sostanze stupefacenti. E’ ovvio che il pusher della droga non ci sarebbe se non ci fosse il divieto all’uso delle sostanze. Non avveniva questo con il proibizionismo nell’America degli anni ’20 e ’30 che ha fatto proliferare la mafia? Così gli scafisti nascono con i muri e i blocchi all’immigrazione costruiti dai governi che impongono politiche securitarie e repressive per arginare un fenomeno che dovrebbe essere regolamentato.

Cari governatori e politici non prendeteci in giro. Andate invece alle cause del problema e attuate soluzioni ragionevoli e non fumose e aleatorie come quelle di intervenire nei Paesi di provenienza degli immigrati. L’Africa ha bisogno sì di un Piano Marshall o Mattei come si vuole chiamarlo, dai tempi lunghi e dai risultati incerti (e con quali risorse?) ma soprattutto di un intervento immediato per gestire un fenomeno incomprimibile e che se regolato avrebbe effetti positivi sui Paesi europei, che sono parte di una Unione che dice di ispirarsi ai valori quali democrazia e solidarietà.

Gli immigrati partiti con il barcone dalla Turchia, dopo mesi di attesa, sono naufragati ad un passo dalla “libertà”, parola di cui le forze politiche fanno spesso un uso strumentale. Muoversi nel mondo non può essere consentito solo alle “merci” e ai mercanti, ma deve essere consentito anche ai migranti che come tutti noi desiderano una vita migliore e quindi cercano approdi dove poter realizzare questo progetto e non, invece, luoghi dove, una volta arrivati, sono tollerati e costretti ad una condizione semi-schiavile, o considerati  come sottoproletariato a cui non riconoscere nemmeno il diritto a condizioni minime di sopravvivenza, come dimostra la discriminazione nei loro confronti rispetto al reddito di cittadinanza.

Etichettare gli immigrati come illegali e clandestini perché aspirano ad una vita pienamente umana e additare coloro che cercano di salvarli in mare – le ONG – come collusi con gli scafisti (Ministro degli Esteri Antonio Tajani, vedi intervista a “Mezz’ora in più”, 26.2.2023) è davvero un ribaltamento delle posizioni, un vero e proprio abominio.

Ultim’ora. II Ministro Piantedosi ci fa sapere che vuole combattere anche la disperazione dei migranti. La loro disperazione, dichiara, non giustifica questi viaggi che mettono in pericolo anche la vita dei loro figli. Paradossalmente la colpa delle tragedie in mare è dei migranti che se stessero a casa loro eviterebbero di andarvi incontro. E’ evidente qui il deficit di sensibilità umanità rappresentato dal vertice dell’istituzione responsabile che non ammette che siano proprio le condizioni di vita insopportabili nei paesi di provenienza dei migranti a indurli prima, ai rischi di tortura e reclusione nella lunga attesa prima della traversata, e durante la stessa a intraprendere viaggi su barconi sovraffollati e gestiti da persone senza scrupoli.

Si pensi piuttosto a cancellare finalmente la legge Bossi-Fini che ha creato lo stigma del clandestino e si riconosca invece come “fisiologica” una immigrazione regolata che è oggi da tutti gli analisti seri riconosciuta come utile e sempre più necessaria ai Paesi europei, tenuto conto anche della situazione demografica ed economica che essi attraversano.

Renato Frisanco

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